Fioriture precoci e carenza d’acqua: medie termiche sempre più elevate
Gli ultimi tre giorni di gennaio sono, per tradizione popolare, definiti come “I giorni della merla” perché, teoricamente, dovrebbero essere quelli più rigidi dell’anno.
In quest’ultimo decennio abbiamo potuto verificare, in questa parentesi temporale, temperature prossime più ad un clima primaverile, il che fa preoccupare tanto gli agricoltori quanto gli esercenti delle attività invernali e gli esperti di meteorologia e glaciologia, questi ultimi a misurare centimetro dopo centimetro il repentino ritiro dei ghiacciai in alta montagna.
La settimana scorsa, in Spagna si sono registrati 30°C, una catastrofe anche per il mondo vegetale che vede precocissime fioriture che, inesorabilmente, andranno a rovinare piante e prossime gemmazioni al primo crollo termico.
La mimosa sta già facendo festa, un anticipo esagerato: da qualche parte si è già vista qualche primula e viola anche in quota, agatee e glicini pur senza profumo.
Inoltre, nonostante un inverno piovoso quanto basta, la mancanza di copiose nevicate si fa sentire con la cronica carenza di acqua.
“Ci sono due fattori da prendere in considerazione” – dice Luca Dalpian, vice presidente di Coldiretti Liguria – “che ormai ci stanno perseguitando da anni: le temperature e la piovosità. In questi giorni alcune località dell’entroterra hanno toccato i 20 gradi, ben oltre i dieci gradi oltre la norma del periodo. Anche di notte le temperature scendono raramente sotto zero e questo fa sì che le piante inizino a muovere i primi passi. Ci sono ancora i termini perché subiscano un rallentamento, ma il rischio è che inizino le fioriture. E a quel punto, con un ritorno di freddo a febbraio o marzo, temiamo che possano gelare. Ne veniamo da due annate, 2022 e 2023, che hanno visto una carenza importante. La neve sugli appennini dovrebbe rimpinzare le falde acquifere per non andare in sofferenza. Ora gennaio è passato, la neve è quasi a zero e grandi piogge non ne sono arrivate. Perciò siamo già preoccupati, perché le riserve per l’estate potrebbero non essere sufficienti. E le estati che dobbiamo superare sono sempre più lunghe, protraendosi sull’autunno con temperature elevate”.
Una siccità a cui deve fare i conti anche il foraggiamento del bestiame in quantità e qualità sempre più esigua.