• 2 Maggio 2024 12:03

Adattamento dei ghiacciai al cambiamento climatico

Bymeteogenova

Dic 26, 2023

La resilienza dei ghiacciai himalayani di fronte al riscaldamento globale: è così che si potrebbe definire il fenomeno contro-intuitivo, finora sfuggito alle misurazioni, scoperto da un gruppo di ricercatori italiani che firmano sulla rivista “Nature Geoscience” uno studio coordinato dall’Istituto di scienze polari (ISP) del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) e dall’Istituto di ricerca sulle acque (IRSA) del CNR del Consiglio nazionale delle ricerche, in collaborazione con l’Institute of Science and Technology Austria.

I dati che hanno raccolto gli scienziati mostrano infatti che l’aumento delle temperature globali ha portato i ghiacciai dell’Himalaya a raffreddare sempre più l’aria a contatto con la superficie ghiacciata, con un effetto di mitigazione delle temperature che nella regione stanno altrimenti aumentando rapidamente. L’effetto appena descritto sarebbe rimasto nascosto alla scienza ancora a lungo se non fosse per la presenza pluridecennale del Laboratorio-Piramide Ev-K2-CNR, l’avamposto della ricerca polare italiana nel cosiddetto “terzo polo”, la catena del Karakorum-Himalaya.

Il processo è simile a quello che conosciamo per esperienza nei pressi di un lago. “Con il calore, l’acqua dei laghi evapora. Il processo di evaporazione ha come effetto di raffreddare l’aria circostante, ed è per questo che associamo ai laghi un effetto di mitigazione delle temperature”, spiega Franco Salerno, ricercatore dell’ISP e coautore dello studio insieme a Nicolas Guyennon, dell’IRSA, e Francesca Pellicciotti dell’ISTA. “Quanto più aumentano le temperature, tanto più si rinforza questo effetto: è una questione di termodinamica. In un certo senso, i laghi formano delle bolle di aria più fresca intorno a loro.”

Un fenomeno simile è stato non solo osservato, ma anche misurato per la prima volta ai piedi dei ghiacciai del Monte Everest, in Nepal. Qui le temperature medie misurate sono rimaste stranamente stabili invece di aumentare con il riscaldamento globale, che lungo la catena asiatica procede anche più rapidamente rispetto alle temperature medie globali.

L’aria calda a contatto con la superficie ghiacciata cede calore al ghiaccio, facendolo fondere, e al contempo si raffredda”, spiega Salerno. “In un contesto di riscaldamento globale aumenta l’acqua fusa, ma anche il freddo prodotto dal ghiacciaio.

Questo acuisce la presenza di masse d’aria fredde e secche che scendono nelle valli, note come venti catabatici, intorno ai ghiacciai. Il risultato è quello di mitigare gli effetti del riscaldamento climatico sul permafrost e sugli ecosistemi intorno ai ghiacciai “e per centinaia di metri anche a valle di questi”, aggiunge Salerno.

Da circa trent’anni, la Piramide Ev-K2 mantiene operative le sue stazioni meteorologiche a 5050 metri di altitudine, grazie anche al supporto del governo nepalese. E da alcuni anni si sta rinnovando.

Abbiamo avviato un biennio di rigenerazione della struttura, un oggetto unico e irripetibile che dal 1990 ha fatto il suo lavoro di laboratorio e osservatorio dell’ambiente e del clima”, ha sottolineato Agostino Da Polenza, coordinatore del laboratorio. “Stiamo ristrutturando la struttura e aggiornando le strumentazioni, introducendo nuove e linee di ricerca nella continuità delle importantissime serie storiche di dati acquisti, come richiesto anche dall’Organizzazione mondiale della meteorologia”.

Il gruppo ha poi confrontato i risultati con alcuni strumenti di rianalisi climatica, che combinano i dati dei modelli con le osservazioni provenienti da tutto il mondo. L’interpretazione dei dati ha permesso ai ricercatori di dimostrare che il fenomeno avviene non solo intorno al Monte Everest, ma nell’intera catena himalayana. Fatto questo che apre nuove frontiere per la ricerca. E difatti il gruppo ora guarda con interesse altre regioni, come il Pamir e il Karakorum per comprendere se il fenomeno può avvenire anche su altre catene montuose, quali sono le condizioni che ne favoriscono la presenza.

Per le Alpi la situazione è probabilmente diversa.

I ghiacciai d’alta montagna del Terzo Polo in Asia sono molto più grandi di quelli alpini, contengono più ghiaccio e hanno quindi tempi di reazione più lunghi”, ha spiegato Guyennon. E aggiunge però che anche i ghiacciai himalayani hanno un limite: “Le temperature fresche percepite che scendono dai ghiacciai sono una reazione di emergenza al riscaldamento globale, piuttosto che un indicatore della stabilità a lungo termine dei ghiacciai.

La presenza del Laboratorio-Piramide in Himalaya è dunque una testimonianza concreta di quanto siano preziose le lunghe serie meteo-climatiche in luoghi remoti.

Sono circa 30 i centri di ricerca che hanno fatto richiesta di lavorare alla stazione nei prossimi tre anni con progetti e attività interessanti nell’ambito della fisiologia e della medicina, della tecnologia, nonché della cooperazione, della gestione dell’acqua e dell’agricoltura, o dello smaltimento dei rifiuti in alta montagna, senza dimenticare una richiesta di aiuto per gestire i lupi che aggrediscono i piccoli di yak”, ha concluso Da Polenza. “Tutte queste proposte, associate ai risultati scientifici ottenuti, mostrano l’importanza di mantenere attivo un centro di ricerca internazionale in un luogo formidabile ed emblematico sotto l’Everest: è questo il suo unico e incommensurabile valore”.

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